La Fantascienza è stato un genere sempre molto amato in Italia a tal punto che dal dopoguerra c’è stato nel nostro paese un gran proliferare di libri, film e fumetti dedicati a questo settore dell'immaginario.
E sicuramente ha contribuito in maniera importante al successo di questo genere l’arrivo nelle librerie nel 1952 de “I romanzi di Urania” della Mondadori, libri che hanno fatto scoprire al pubblico italiano autori come Arthur C. Clarke, Asimov, Ballard, Dick e tantissimi altri.
Ma i romanzi di Urania, oltre che per le storie, sono diventati popolari anche per le copertine tonde disegnate tra gli altri da Kurt Caesar, Carlo Jacono e Karel Thole. E tra gli autori che hanno prestato la propria opera alle mitiche copertine di Urania troviamo anche Giuseppe Festino (nato a Castellammare di Stabia, Napoli, il 22 settembre 1943) che ha fatto dell’illustrazione fantascientifica il suo segno distintivo.
Oltre ad una serie di copertine per Urania, Festino ha illustrato per anni Robot, una delle più interessanti riviste italiane di fantascienza, e ha realizzato molte copertine dei libri per Nova SF (Perseo Libri, ex Libra).
Quindi è un grande piacere ospitare sul nostro sito una lunga intervista a questo autore che ha fatto la storia della Fantascienza “made in Italy”, ripercorrendo la sua lunga carriera e svicolando ogni tanto dal discorso principale per poter parlare delle nostre amate tavole originali.
Come prima domanda vorremmo chiederle un po’ banalmente com’è nata la sua passione per il fumetto e per il mondo del disegno in generale. Quali sono stati i suoi primi lavori da professionista?
I miei primi interessi col fumetto risalgono al 1949, quando mio padre mi comprò il primo numero di Topolino tascabile, dove scoprii il personaggio di Eta Beta, che non poteva non conquistarmi. Già provavo molto interesse per le storie fantastiche grazie a qualche albo che raccontava di marziani che coi loro Dischi Volanti rapivano aerei terrestri, di uomini iniettati nel corpo umano (il romanzo e il film Viaggio allucinante erano di là da venire), di "macrozoi" che rappresentavano una delle tante minacce nelle avventure pubblicate sulle paginette orizzontali di albetti dello stesso formato del Tex di allora. Poi arrivò Urania e mi si spalancarono prospettive assai più ampie. Già mi trastullavo con le matite e i colori, come tutti i ragazzini, del resto, e la voglia di cimentarmi con i soggetti fantascientifici doveva essere la logica conseguenza. Ma prima che la cosa si trasformasse nella decisione di dedicarmi solamente all'arte pittorica ce ne correva.
A partire dalla seconda metà degli anni settanta ha iniziato a lavorare nel settore che ha poi caratterizzato la sua carriera, quello della fantascienza. È stata una scelta voluta oppure le è capitato per caso di iniziare a lavorare con editori che producevano libri di science-fiction?
Dovevano passare parecchi anni durante i quali coltivai la passione per il genere (ma non solo per quello, naturalmente), e finalmente decisi cosa fare nella vita, quale professione intraprendere. Dopo il periodo passato al servizio dell'Esercito Italiano, mi avvicinai alla sede della Mondadori a Milano, città dove avevo deciso di vivere, e mi proposi di collaborare quale illustratore. Inutile dire che sarebbe stato troppo bello se avessero deciso immediatamente di utilizzare il mio acerbo talento. Non mi tolsero le speranze, però, e io mi rivolsi altrove pur di poter lavorare comunque in ambito editoriale. Uno studio nel capoluogo stava iniziando la realizzazione di un'enciclopedia sugli animali, e venni ingaggiato nel medesimo giorno in cui mi presentai per far conoscere le mie capacità. Fu un periodo formativo ricco di esperienze, e che mi permise di conoscere altre figure affermate di artisti, Karel Thole compreso.
Tra le sue prime collaborazioni più interessanti ci sono state quelle con l’editore Armenia, per riviste come “Robot” e “Alien”. Ci dice cosa ha prodotto per questo editore?
Non ho iniziato a lavorare per caso in chiave fantascientifica. Come ho detto, avevo provato sin dall'inizio a farlo, perciò si trattava di aspettare che si presentasse l'occasione giusta. Che giunse con la conoscenza di Angelo De Ceglie, un giovane appassionato milanese, prematuramente scomparso, il quale mi chiese di preparare le copertine per la sua pubblicazione amatoriale di racconti, Vox Futura.
Per farla conoscere meglio, una volta pronta, De Ceglie ne inviò una copia alla redazione di Robot, rivista di fantascienza nata da pochi mesi, il cui direttore, Vittorio Curtoni, mi propose di lavorare alle illustrazioni interne e, in seconda battuta, alle copertine. Per me si stava realizzando un sogno. Urania rimaneva sullo sfondo ma, lo sappiamo, nella vita non si può avere tutto. Era già gratificante avere l'occasione per farsi notare dagli appassionati. La rivista cessò la pubblicazione nel 1979, e l'editore tentò di sostituirla con una di più ampio formato: Aliens. Il mensile sopravvisse per nove numeri, contro i quaranta di Robot, dimostrando che la volubilità dei lettori, il numero notevolissimo di pubblicazioni che apparivano sul mercato confondendo il pubblico e dirottandone l'attenzione in più direzioni, poteva risultare fatale. In un Paese poco propenso alla lettura qual è sempre stata l'Italia, non è possibile che una testata rimanga sul mercato più di tanto, soprattutto quando queste non vengono sostenute da un'adeguata forza economica.
Quali erano le tecniche utilizzate per realizzare le copertine di Robot?
Tutte le copertine realizzate per Robot, e le altre prodotte in seguito le ho eseguite utilizzando i colori acrilici, molto pratici e versatili nei vari metodi di lavoro. Colori che In sé riuniscono la possibilità di venire usati esattamente come le tempere, con la corposità dei colori a olio o le velature caratteristiche dell'acquarello. Senza gli inconvenienti che questi prodotti presentano.
Com’è poi entrato in contatto la rivista francese “Fiction”?
Grazie all'intervento di Lino Aldani, il quale aveva pubblicato su Robot un breve racconto dal titolo Visita al padre, per il cui testo avevo disegnato qualcosa di cui io stesso ero soddisfatto (cosa che non mi capita poi tanto spesso). Aldani era in contatto con redattori d'oltralpe, e uno di questi - Jean-Pierre Fontana - mi incaricò di preparare un paio di copertine per le pubblicazioni che curava. La prima per un'antologia di racconti scritti da italiani, mentre la seconda, che io avevo dipinto quale alternativa, trovò impiego per una copertina di Fiction, del medesimo editore.
Nei primi anni ottanta inizia la sua collaborazione con la Arnoldo Mondadori e tra l’altro collabora anche a Topolino. Ci rivela in cosa consisteva il suo contributo al settimanale Disney? Lei comunque ha anche avuto a che fare con i personaggi Disney in quanto ha realizzato più albi di figurine della Lampo. Ci dice come si è svolto questo suo lavoro?
Per Mondadori ho collaborato a tante testate: Urania, gli Oscar sf, Segretissimo, Il Giallo, Panorama, Epoca, ZeroUno, Confidenze, e per lo stesso Ufficio Grafico. Per Topolino capitò che necessitassero di completare qualche articolo di genere turistico/culturale, e per l'occasione preparai dei bianco-neri che provvidi a completare con colori trasparenti. In passato avevo lavorato per le Edizioni Flash (che in precedenza si chiamavano Editrice Moderna), in questo caso realizzando illustrazioni basate sulle storie dei personaggi Disney tratte sia dai lungometraggi animati che da alcuni cortometraggi. Formavano il corpo di collezioni per l'infanzia che dovevano essere completate con soggetti autoadesivi, contenuti nelle classiche bustine per figurine. Non mi sono mai sottratto a nulla, per quel che riguarda il lavoro. Essendo un completo autodidatta, ho apprezzato le tecniche e gli argomenti più diversi, sperimentando di continuo, senza privilegiare alcunché, con la sola eccezione delle creazioni fantascientifiche, le quali mi hanno permesso di affrontare ogni genere di soggetti.
Gli originali di queste figurine sa che fine hanno fatto?
Mi risulta siano sopravvissuti in parte dall'allagamento di un deposito nel quale erano stati accumulati, presso Le Edizioni Flash. Avrei avuto diritto alla restituzione delle tavole, ma come è avvenuto anche per tanti miei colleghi, chi di dovere faceva orecchie da mercante, rimandando il dovere dettato dalle norme per il Diritto Internazionale d'Autore. Autore che non è sufficientemente protetto dagli inottemperanti. Le tavole in questione attualmente dovrebbero far parte del materiale acquisito da WOW, il Museo del Fumetto e dell'Illustrazione di Milano, che lo aveva a suo tempo ottenuto dietro un non meglio specificato compenso. Dico "dovrebbe" in quanto non ho ancora avuto modo di verificare personalmente. Ma è già tanto sapere che i lavori originali sono in mani sicure. Per la cronaca, si tratta di materiale realizzato a tempera (non conoscevo ancora gli acrilici), pertanto assai delicato e vulnerabile.
A metà degli anni ottanta viene poi chiamato a sostituire il grandissimo Karel Thole (che aveva dovuto sospendere momentaneamente l’attività per problemi agli occhi) nella realizzazione delle copertine di Urania. Anche in questo caso ci racconta un po’ come sono andate le cose?
Ero amico da diversi anni di Karel. Avevo conosciuto la sua famiglia nei miei primissimi anni milanesi, e in seguito avemmo modo di frequentarci assai di più. Anche le nostre mogli si erano conosciute e ci scambiavamo, quando possibile, qualche visita. Noi due, poi, eravamo riusciti ad aggregare un gran numero di professionisti milanesi e dell'interland, un sodalizio da cui si formò l'Associazione Illustratori. Ma per venire al punto, quando Karel iniziò ad avere seri problemi alla vista, nel periodo in cui subì un paio di interventi a entrambi gli occhi la redazione si trovò nella necessità di reperire un sostituto. Superai il giudizio degli addetti al lavoro del caso (anche se avevo dimostrato abbondantemente le mie capacità, certi esami te li fanno lo stesso) e mi vennero affidate alcune copertine, sia per Urania che per la collana dei Classici. Fruttero e Lucentini erano soddisfatti del mio contributo, ma avrebbero dovuto a breve abbandonare la conduzione delle scelte editoriali e anch'io ne subii le conseguenze. Thole, dopo gli interventi, riprese a fare qualcosa. Nel frattempo la direzione si era rivolta a Vicente Segrelles, gestito dall'Agenzia Norma di Barcellona, che dalla Spagna forniva le copertine per Il Giallo e per la serie dei libri romantici. A questi seguì l'ottimo Oscar Chichoni, che proseguì fino a che non decise di trasferirsi in Inghilterra, richiesto per creare materiale destinato a giochi elettronici e soggetti cinematografici. Il seguito è quasi tutta attualità. Potrei dilungarmi a lungo sull'argomento, e se riceverò domande più specifiche lo farò senza problemi.
Che tecnica utilizzava nella realizzazione delle copertine di Urania?
La tecnica pittorica era la medesima che avevo impiegato per le copertine di Robot e la maggior parte delle altre. In un certo qual senso, però, mi ero adeguato alla filosofia estetica di Thole, e se le cose fossero andate diversamente, non escludo che avrei prodotto immagini in linea con i dipinti dell'artista olandese. L'intenzione era quella, ma non me ne è stato dato il tempo. Le tavole preparate per i Classici possono dimostrare come tentassi di assecondare l'essenzialità grafica con la quale il pittore le differenziava da quelle per Urania, la serie principale. Per non sciupare la prosecuzione estetica di una pubblicazione, rispettando i gusti del pubblico, tendo a fare del mio meglio per non prevaricare lo stile dell'artista titolare, a meno che non mi venga richiesto specificamente. Personalmente, come lettore, mi ha sempre disturbato il cambiamento di stile nelle copertine, in quando lo ritengo poco elegante e poco rispettoso di coloro che seguono la pubblicazione. Potrò sbagliarmi, ma nessuno ha mai fatto obiezioni in tal senso.
Quante copertine ha realizzato?
Non ho tenuto conto del numero. E' facile comunque avvicinarsi al totale, visto che le pubblicazioni specializzate in Italia, per quanto riguarda la sf non sono certo un'enormità. Nel mio caso, poi, la produzione si concentra nel periodo tra gli anni '80 e '90. Andando a memoria, posso citare in prima battuta Robot, due o tre per le prime edizioni Fanucci, una per Fantacollana delle edizioni Nord, una per Galassia, le due già considerate per la Francia e, mi pare, tre per la Germania. Quelle per Urania e i Classici nel periodo Fruttero e Lucentini, alcune per Pulp, I Libri della Paura, I Libri di Robot, una sola per Aliens, e poche altre cose sparpagliate qua e là. Assai poco rispetto alla produzione tholiana e, se per questo, anche di Segrelles e di Chichoni, per non parlare dell'attualissimo Brambilla. A queste possiamo aggiungerne un altro paio per Urania in un periodo successivo. PIù robetta che potrebbe tranquillamente rimanere nel dimenticatoio.
Ci dà un ricordo di Thole?
Un ricordo di Thole riempirebbe un libro intero, e non di quelli che si possono tenere comodamente in tasca. Il poco che ho scritto sull'arte nella fantascienza e i suoi esecutori riguarda principalmente la figura del mio collega olandese, superato forse dagli articoli che ho dedicato a Kurt Caesar, il primo copertinista di Urania, al quale debbo la mia scelta professionale. Posso dire che l'uomo Thole era una persona unica, impareggiabile. Era un artista sensibile, ricco di senso dell'umorismo, come tutti possono constatare. Era disponibilissimo a chiacchierare del suo lavoro, dei suoi "effetti speciali" cromatici, dei trucchi che seguitava a inventarsi per rinnovare la propria opera. Sapeva intrattenere colleghi e amici, e la sua elegante presenza, i baffetti appena più discreti di quelli di un Clark Gable, gli occhi chiarissimi, la sua comunicativa, tutto contribuiva sicuramente ad affascinare anche le signore a cui capitava di avvicinarlo. E il suo accento straniero era un elemento in più a renderlo interessante a qualunque uditorio. Forse è opportuno rimandare chi fosse interessato a conoscerne meglio la figura e l'opera a un paio di libri che contengono rispettivamente le copertine del primo illustratore di Urania (insieme al supporto di Carlo Jacono) oltre a quello interamente dedicato a Karel Thole, una monografia ricca di tutte le sue opere per Urania con l'aggiunta di qualcos'altro, insieme al contributo di diverse firme. Entrambi i libri contengono le cose che ho scritto più di recente sui due pittori principali di Urania, quelli che, almeno per me, hanno rappresentato un periodo determinante e assai interessante. I libri sono disponibili presso la Fondazione Rosellini per la Narrativa Popolare, con sede a Senigallia. Sicuramente, gli appassionati che ancora non li conoscono saranno felicissimi di entrarne in possesso.
Successivamente collabora con la Giorgio Mondadori a diverse testate tra cui “Tv Sorrisi e Canzoni”. Un aneddoto di questa esperienza?
Con l'Editoriale Giorgio Mondadori ebbi i primi contatti grazie a una delle mie poche collaborazioni con l'edizione italiana di Playboy, da loro gestita in quegli anni. Seguì qualcosa di assai diverso per AD (Architectural Digest) per la quale mi domandarono di realizzare i frontali di numerose chiese della Sardegna. Un modo insolito per passare dal profano al sacro. Poco dopo vararono Bell'Italia, seguita abbastanza a breve da Bell'Europa, e col precedente intervento su AD divenni uno dei loro illustratori fissi. Il lavoro era pressoché continuo, impegnativo e a volte massacrante, dati i tempi ristretti di consegna. Di piacevole c'era che spesso dovevo recarmi in qualche località per documentarmi di persona con foto e altro. Poi, al momento di eseguire, cominciava la sofferenza e l'ansia del dover essere puntuale.
Con TV Sorrisi e Canzoni andava assai meglio. In quel periodo non era tra le testate mondadoriane. Il settimanale era assai meglio organizzato e chiedeva la consegna del materiale entro un tempo ragionevole. I compensi, in proporzione, erano certamente più soddisfacenti, e la redazione possedeva un archivio di tutto rispetto al quale attingere. Il solo inconveniente consisteva nel fatto che si servivano assai di rado degli illustratori. Posso vantarmi di avere realizzato per loro più d'una copertina (fatto insolito per una rivista che è il trionfo della fotografia), compresa quella dedicata all'uscita del secondo film su Indiana Jones. MI venne chiesto di eseguirne una copia in quanto l'agenzia di distribuzione italiana possedeva una sola immagine della figura con Harrison Ford che si erano prefissi di mettere in copertina. Ed era un manifesto piuttosto sciupato, inadatto a venire riprodotto. Qualcuno, conoscendo la mia capacità di "replicatore" di stili e soggetti, propose di affidare a me l'imitazione di quella locandina. La realizzai con completa soddisfazione di tutti, venne pubblicata, e venne trafugata durante la chiusura di una mostra a Torino. Gli organizzatori mi risarcirono, ma mi resta il dubbio se sia stata rubata perché portava la mia firma oppure in quanto mostrava un Jones/Ford che andava per la maggiore. Sono convinto che il ladro fosse soprattutto un ammiratore dell'attore. Intanto, non ne conosco l'identità e, soprattutto, posso fare solo ipotesi circa il metodo per dissimulare, senza farsene accorgere, l'appropriazione di una tavola che misurava ben 50x70 centimetri!...